REGGIO EMILIA – Il pezzo più pregiato della confisca è la villa di via Palladio a Cadè. L’imprenditrice calabrese Vittoria Brugnano era amministratrice di diritto di una società che gestiva tre palestre ora in fallimento tra Reggio Emilia, Parma e Assisi. Poi, liquidi e un fondo pensione.
Alla donna sono stati confiscati beni per oltre 600mila euro “per corrispondenti indebite compensazioni d’imposta”, dice la guardia di finanza reggiana: ovvero, mancati versamenti all’erario nel periodo 2004-2008. Le Fiamme Gialle hanno dato esecuzione a un decreto emesso dalla procura generale presso la Corte d’Appello di Bologna al termine del procedimento tributario a carico dell’imprenditrice condannata a due anni.
Vittoria Brugnano è la moglie di Antonio Vetere, il cui nome è comparso nell’inchiesta Aemilia ma non come indagato: il 53enne è infatti stato ascoltato come testimone nel luglio 2017, gli era stata chiesta la sua versione rispetto a un episodio raccontato da uno dei pentiti dell’inchiesta, Giuseppe Giglio, che aveva detto che Vetere era stato picchiato da Antonio Valerio per un debito. Lo stesso Valerio, anche lui diventato collaboratore di giustizia, aveva poi tirato in ballo Vetere dicendo che era il prestanome di Alfonso Diletto.
La guardia di finanza lo definisce “un fiancheggiatore della cosca Grande Aracri per il cosiddetto ‘affare Sorbolo’, ove compare fra i primi investitori del denaro impiegato, di fatto, dallo stesso Nicolino Grande Aracri”, dicono le Fiamme Gialle. “Il mio assistito è del tutto estraneo a Aemilia – aveva avuto modo di dire il suo avvocato, Antonio Dimichele, tre anni fa quando Oltr’Enza gli accertamenti della guardia di finanza avevano portato al sequestro preventivo dell’Aqualena Fitness – Un conto è evadere le tasse, un altro essere additati come ‘ndranghetisti”, aveva aggiunto il legale.
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