REGGIO EMILIA – Ieri sera il consiglio di amministrazione del Consorzio del Parmigiano Reggiano ha escluso che il presidente Nicola Bertinelli, producendo e commercializzando con la sua azienda un formaggio con caglio vegetale, abbia violato lo statuto. Una decisione assunta a larga maggioranza, con un voto contrario e due astenuti. Cerchiamo di capire qual è il contesto in cui si inserisce questa vicenda.
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Cosa c’è dietro il “caso Bertinelli” e la polemica sui formaggi similari che ha rischiato di mandare in tilt il Consorzio di tutela? Forse, come sussurra qualcuno, ci sono le manovre e i regolamenti di conti fra le associazioni agricole. Ma c’è anche e soprattutto un mix di fattori, che hanno a che fare con la capacità produttiva del comprensorio, le dinamiche dei prezzi e l’insieme di norme che regolano il settore.
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Dal 2014 ad oggi la produzione è cresciuta da 3,3 a più di 4 milioni di forme all’anno. Le quotazioni medie nel 2021 sono state lievemente superiori ai 10 euro al chilogrammo. Il numero di forme cresce perché la penetrazione sui mercati aumenta, ma storicamente la crescita della quantità di Parmigiano Reggiano sul mercato accentua il rischio di una flessione dei prezzi riconosciuti ai produttori. Per questo, l’ultima assemblea generale – un mese fa – ha deciso di “congelare” la produzione 2022 ai livelli dell’anno scorso, di ridurre drasticamente le cosiddette riassegnazioni annuali e di aumentare i contributi a carico delle aziende che superano i tetti produttivi.
Resta un problema di fondo: la capacità produttiva di latte del comprensorio è superiore a quella autorizzata per il Parmigiano Reggiano, alcuni dicono di 700mila quintali l’anno. Le quote latte costano care, sfondare i tetti produttivi implica versare contributi aggiuntivi che vanno dai 25 ai 40 euro al quintale. E così non pochi caseifici usano quel latte per produrre il cosiddetto formaggio “bianco”: cioè formaggio in tutto e per tutto simile al Parmigiano ma non marchiato, che viene venduto negli spacci dei caseifici, con un nome di fantasia, magari con il marchio del caseificio, a prezzi inferiori rispetto al re dei formaggi. Lo fanno molti produttori, anche tra gli amministratori del Consorzio.
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