BOLOGNA – I medici si schierano contro l’idea di riaprire i piccoli punti nascita chiusi da tempo, come invece richiesto da associazioni e comunità locali. “E’ una questione di sicurezza”, ribadiscono. Per questo le società scientifiche dell’area perinatologica – neonatologi, pediatri, ginecologi, ostetrici, anestesisti – hanno espresso “perplessità e preoccupazione” sulla decisione del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini di riaprire i punti nascita chiusi nel 2017″, come annunciato dal governatore a inizio marzo. I professionisti invitano “alla prudenza” nelle decisioni di riapertura di quelle “strutture che non presentano i requisiti minimi tecnico‐organizzativi per garantire le condizioni di sicurezza alla nascita, in un paese già così segnato dalla denatalità e in cui va messo in campo ogni sforzo per garantire la salute e talora la vita dei neonati e delle loro mamme, e non certo per metterle a rischio”. Nel 2019, in Emilia‐Romagna, si sono registrati 31.123 parti (31.600 neonati), ricordano le società scientifiche, e il 66,3% di questi è avvenuto nei 9 punti nascita, su 23 attivi in regione, dotati di unità di terapia intensiva neonatale, mentre i punti nascita con meno di 500 parti all’anno sono cinque e hanno assistito il 5,4% dei parti. “Piuttosto che discutere su eventuali riaperture – affermano – sempre in attuazione dell’accordo Stato‐Regioni del 2010 e come ribadito dalla comunità scientifica dell’area perinatologica, bisognerebbe chiudere quei punti nascita attivi con meno di 500 parti l’anno, che non rispettano i parametri e i requisiti indicati a livello nazionale come garanzia di sicurezza delle cure. Non è accettabile né condivisibile – concludono – accondiscendere alla volontà di partorire ‘vicino casa’, se questa scelta implica il mettere a rischio la salute e il benessere del bambino e della madre”.
Medici dell’Emilia Romagna: “E’ pericoloso riaprire i piccoli punti nascita”
25 marzo 2021
Appello al presidente della Regione Bonaccini: “Non è accettabile accondiscendere alla volontà di partorire ‘vicino casa’, se questa scelta implica il mettere a rischio la salute e il benessere del bambino e della madre”
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