REGGIO EMILIA – “Oggi i mafiosi non fanno i prestiti a usura: oggi parlano chiaro con l’imprenditore in difficoltà, fanno un patto con lui, acquistano parte dell’azienda e poi la mandano al fallimento”. Parole di Enzo Ciconte, scrittore, docente, esperto a livello nazionale delle dinamiche ‘ndranghetistiche, da oltre 20 anni consulente del Comune di Reggio. E’ certo, Ciconte, che l’emergenza Coronavirus, sanitaria ed economica, non in un prossimo futuro ma già adesso sia terreno fertilissimo per le infiltrazioni della criminalità organizzata in Emilia.
“Chi sono i più esposti? Coloro che non hanno liquidità, commercianti, settore alberghiero, oltre a quelli tradizionali come l’edilizia”.
Come accadde durante la grande crisi economica del 2008, e nel nostro territorio anche col terremoto del 2012. Adesso però per Ciconte siamo avvantaggiati per due motivi: perché sappiamo quello che può succedere, l’abbiamo visto, e perché il gruppo di ‘ndrangheta, ancorché presente, è uscito fortemente indebolito – dice – dal lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine che ha portato all’inchiesta e al maxi processo Aemilia, con un punto fermo, la sentenza della Cassazione del 24 ottobre 2018. Ma senza intervenire ed essere pronti da subito, questo vantaggio rischia di svanire.
“Credo che si possa fare qualche cosa: le associazioni industriali e dei commercianti possono indicare la via per impedire l’arrivo dei capitali mafiosi perché loro sanno quali sono i settori in difficoltà; devono sedersi intorno a un tavolo e capire quali strumenti mettere in campo prima che arrivi la ‘ndrangheta”.
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