BOLOGNA – Consulente del lavoro, questa è la tua professione, Sonia. I consulenti del lavoro hanno rapporti con clienti che sono datori di lavoro, quindi vedono questo mondo attraverso l’ottica datoriale. Nel tuo caso l’attenzione alla parte “debole” del contratto di lavoro, ossia il lavoratore/la lavoratrice devono essere invece una tua scelta valoriale. Spiegaci quale è stata la “molla” che ti ha portato a proporre la tua candidatura a Consigliera di Parità?
“Il Consulente del Lavoro è una figura professionale la cui attività è regolata dallo specifico ordine professionale, cui è necessario iscriversi, previo superamento di un apposito esame. In luogo del datore di lavoro, si occupa degli adempimenti in materia di lavoro relativi al personale dipendente, in virtù delle proprie competenze specifiche. Noi consulenti del lavoro supportiamo quindi l’imprenditore, fornendo consigli circa le migliori soluzioni per regolare i rapporti fra impresa e i suoi impiegati. Per conto di qualsiasi datore di lavoro svolgiamo tutti gli adempimenti previsti da norme vigenti per l’amministrazione del personale dipendente. Per quanto riguarda la ragione che mi ha portato a candidarmi come Consigliera di Parità, come tu dici “la molla” mi è scattata molto tempo prima di candidarmi perché mi sono resa conto che in ambito lavorativo la discriminazione più presente è durante la maternità delle donne. Dovendo tutelare gli interessi del datore di lavoro, ma non discriminare le donne, mi sono appassionata al diritto antidiscriminatorio. Purtroppo, ancora sono troppe le donne che subiscono ingiustizie come il licenziamento, il demansionamento e le discriminazioni durante e/o dopo la gravidanza. La legge che tutela la maternità in azienda va migliorata; il tessuto produttivo italiano è fatto di piccole e piccolissime aziende che è molto difficile riescano a sostenere una parte del costo della tutela della maternità. Lo Stato dovrebbe accollarsi tutte le spese per la gestione della maternità in azienda, finanziandola con la fiscalità generale. In questo modo il prelievo fiscale generale per ogni contribuente sarebbe minimo e garantirebbe l’aumento dell’occupazione femminile e sicuramente molte meno dimissioni delle mamme durante la maternità. Forse può apparire una soluzione semplicistica al problema dell’occupazione femminile, ma credo che uno Stato ed una società civili abbiano il dovere di salvaguardare tutte le categorie si cittadini. Parimenti debba andare incontro alle imprese che con il loro lavoro generano ricchezza per tutto il Paese. Questo significa sopratutto proteggere, conservare e gestire al meglio le risorse umane che abbiamo in azienda”.
Forse non a tutte/i è ancora noto il ruolo e la funzione delle Consigliere di Parità. Ssarebbe utile che tu ce lo ricordassi.
“La figura della Consigliera di Parità è istituita a livello nazionale, regionale e provinciale dalla Legge 125/1991 sulle “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro” e ridefinita nel Capo IV del Decreto legislativo 198/2006, c.d. “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”, e successive modifiche. Svolge funzioni di promozione e di controllo dell’attuazione dei principi di uguaglianza, di opportunità e di non discriminazione tra donne e uomini nel lavoro ed è impegnata a diffondere le politiche di genere anche nella scuola e nella società. Nell’esercizio delle sue funzioni è pubblico ufficiale e ha l’obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria delle condotte illecite di cui viene a conoscenza per ragione del suo ufficio. In tal senso la Consigliera intraprende ogni utile iniziativa ai fini del rispetto del principio di non discriminazione e di promozione di pari opportunità per lavoratori e lavoratrici, svolgendo in particolare i seguenti compiti:
• rilevare le situazioni di squilibrio di genere, per svolgere funzioni promozionali e di garanzia contro le discriminazioni;
• sostenere le politiche attive del lavoro, comprese quelle formative, sotto il profilo della promozione e della realizzazione di pari opportunità;
• collaborare con gli Ispettorati del lavoro al fine di individuare procedure efficaci di rilevazione delle violazioni alla normativa in materia di parità, pari opportunità e garanzia contro le discriminazioni.
• sensibilizzare i datori di lavoro (pubblici e privati) al tema della conciliazione vita privata-lavoro, anche promuovendo progetti e piani di azioni positive;
• agire in giudizio per l’accertamento delle discriminazioni collettive ed individuali e la rimozione dei loro effetti; Le funzioni di tutela del principio di non discriminazione di genere si rinvengono negli articoli 36-41 del “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”.
C’è poi un riparto di competenze tra la Consigliera provinciale di parità e quella Regionale: la prima è competente per legge a trattare le discriminazioni individuali, quella Regionale quelle collettive subite dalla lavoratrice o dal lavoratore. Quale pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni, agisce gratuitamente su delega della lavoratrice o del lavoratore che ha denunciato la presunta discriminazione. Può convocare il datore di lavoro al fine di verificare i fatti e trovare, quando è possibile, un accordo.L’obiettivo principale della Consigliera è, dunque, innanzitutto la tutela del principio antidiscriminatorio e successivamente la conservazione del posto di lavoro e, perciò, l’individuazione di una soluzione che tuteli i diritti della lavoratrice o del lavoratore e migliori il clima aziendale. Questo obiettivo viene prioritariamente conseguito tramite una procedura, detta informale, privilegiata dalle Consigliere, che porta a risultati duraturi e soddisfacenti per entrambe le parti. Quando si raggiunge una conciliazione per renderla immediatamente esecutiva, la si può depositare all’Ispettorato territoriale del lavoro. Per andare più nel dettaglio diciamo che la conciliazione ex art. 410 c.c. art. 66 d. lgs 2001/165 è uno strumento finalizzato ad una rapida definizione dei conflitti del lavoro presso l’Ispettorato territoriale del lavoro davanti ad una Commissione di conciliazione;può essere promosso sia dal singolo che dalla Consigliera di parità (provinciale o regionale) su delega della lavoratrice o delle lavoratrici interessate, in caso di denuncia di una discriminazione di genere. Nel caso vi sia un sospetto di licenziamento discriminatorio risulta importante la presenza della Consigliera di parità che potrebbe porre in evidenza gli elementi che denotano la presenza della discriminazione di genere. Se il tentativo di conciliazione non va a buon fine, viene redatto un verbale di mancato accordo e la lavoratrice o il lavoratore può rivolgersi al Giudice del lavoro. C’è poi la paossibilità di una azione pubblica contro le discriminazioni a carattere collettivo che è disciplinata dall’art. 37 del “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” ed è promossa dalla Consigliera regionale di parità. Si tratta dell’unica azione che la Consigliera può esercitare direttamente ed autonomamente, per il fatto stesso che la legge la individua come soggetto istituzionale rappresentativo dell’interesse generale alla parità”.
Discriminazioni di genere sul lavoro: questo è l’ambito di competenza in cui operano le consigliere di parità. Siccome purtroppo i trattamenti sfavorevoli ed illegittimi che le donne subiscono nel mondo del lavoro non sono una rarità, perché la quantità di giurisprudenza in materia, nel nostro Paese, continua ad essere tutto sommato circoscritta?
“I dati Istat ci dicono che sono tante le persone soprattutto le donne che subiscono discriminazioni in ambito lavorativo ma non denunciano. E’ assolutamente necessario ridurre questa forbice perché la rarità di denunce comporta una serie di conseguenze la scarsa conoscenza di questo tema da parte degli operatori del diritto mi riferisco ad avvocati e giudici. E’ evidente che l’arrivo in palazzo di giustizia è in qualche modo un fallimento di un percorso è necessario non arrivare a questo è necessario svolgere un’attività di tipo preventivo forte ed è altrettanto necessario che quando poi avviene il comportamento illegittimo poter agire per la tutela di coloro che hanno subito questi comportamenti ed avere tutela”.
Sarà un importante precedente giurisprudenziale la sentenza del Tribunale di Ferrara, originata da un ricorso da te proposto come Consigliera di Parità per impugnare il regolamento del Consorzio dei Pescatori di Goro che violava le norme a tutela della parità. E’ una vicenda interessante ce la racconti?
“Per la prima volta in Emilia-Romagna la Consigliera Regionale di Parità ha presentato istanza d’urgenza in Tribunale di Ferrara contro la natura discriminatoria del regolamento del Consorzio Pescatori di Goro sulla assegnazione della quota giornaliera di prodotto pescato. La parte di regolamento cooperativo bocciato dal Giudice del Lavoro, prevede che ai soci legati da vincolo affettivo di coppia (coniugati, conviventi o anche solo legati affettivamente) non venga riconosciuta una doppia quota di pescato, nonostante siano tenuti entrambi a svolgere i compiti di pesca e manutenzione affidati dalla cooperativa. In un ambiente lavorativo composto in grande prevalenza da soci di sesso maschile, l’effetto pratico, era quello di indurre le socie a recedere dalla cooperativa e di scoraggiare l’ingresso di nuove dal momento che il loro lavoro non avrebbe alcuna valorizzazione economica. Il regolamento sulla doppia quota si legge nel dispositivo emesso dal giudice del lavoro di Ferrara “una discriminazione indiretta in quanto, apparentemente rivolta a soci e socie, ottiene l’effetto di discriminare le donne fidanzate, coniugate o unite da vincoli affettivi ponendole in posizione di particolare svantaggio nell’accesso alla cooperativa”. Il Giudice ha reputato misura necessaria a rimuovere gli effetti della regola discriminatoria anche la pubblicazione del dispositivo su un quotidiano locale per informare la collettività dei soci che in gran parte avevano approvato il regolamento della sua portata discriminatoria con effetto general-preventivo e deterrente. Il Giudice ha accolto il ricorso a tutela di interessi collettivi e ha disposto che la stessa cooperativa provveda al pagamento di 20 mila euro di risarcimento all’organo di garanzia, oltre le spese legali. Per la prima volta in Emilia-Romagna un risarcimento direttamente all’ufficio della Consigliera di Parità in quanto soggetto che presidia l’interesse pubblico leso”.
La figura istituzionale della consigliera di parità compie quest’anno 30 anni. La legge istitutiva, la 125 del 1991 ne ha delineato la figura e il Dlgs 198 del 2006 ne ha potenziato i compiti. Una utile felice intuizione, di fatto però, come spesso accade in Italia, poco supportata dal punto di vista economico e organizzativo. Pensi che in questa contingenza in cui, in seguito alla pandemia da Covid, la “piaga” della debolezza delle donne italiane rispetto al tema lavoro è uscita con prepotenze, si potrebbe intervenire per potenziare la rete delle Consigliere e, se sì, in che modo?
“Le consigliere divennero forti sulla carta ma deboli nella realtà. Alla situazione rimediò la legge 196/2000, attraverso il decentramento e il potenziamento delle funzioni in rete delle consigliere. Le funzioni vengono razionalizzate e potenziate, vengono date dotazioni operative e finanziarie. Rimaneva qualche criticità che avrebbe avuto bisogno di un intervento legislativo, ma quando si presentò l’occasione nel 2006, anno in cui, per adeguarsi alla direttiva europea dello stesso anno, viene stilato il Codice delle pari opportunità, si fece tutto in fretta e furia a fine legislazione e male, perdendo l’opportunità di rettificare e innovare.
Con la crisi e una revisione della spesa che ha tagliato con l’accetta soprattutto nel sociale i fondi delle consigliere sono stati ridotti drasticamente, e così si apre la fase: grandi potenzialità e scarse possibilità pratiche di intervento. Come se non bastasse, l’esiguo fondo (attribuito nel 2013) per le attività delle consigliere destina l’87% delle risorse alle Regioni a statuto speciale inibendo di fatto l’operato delle altre realtà locali. C’è un ripiegamento, un colpo di frusta che non giova alla tutela delle donne contro le discriminazioni sul lavoro, visto che in alcuni casi le consigliere sono state chiamate a rispondere in prima persona, anche a livello finanziario, di azioni in giudizio che le hanno viste soccombenti. Situazione aggravata da un aumento delle competenze, verificatosi in relazione alla legge 215 del 2012, che prevede che le consigliere debbano vigilare sulla composizione delle commissioni di concorso pubblico affinché sia garantita una presenza “paritaria” dei due sessi”.
Dal Dgs. 198/2006 si evince che le Consigliere di parità hanno delle attribuzioni che le connotano distinguendole da tutti gli altri organismi territoriali simili. Sono infatti pubblici ufficiali, soggetti terzi ai quali si richiede preparazione specifica ed esperienza pluriennale.
“Ritengo che sia necessario uno snellimento per rendere più rapido l’intervento giudiziale e di conseguenza meno affollati i relativi organismi, spero fortemente che il Ministro intervenga innovando e retribuendo in maniera corretta. Il lockdown e la pandemia hanno peggiorato la situazione delle donne che si sono ritrovate doppiamente isolate, con la difficoltà di chiedere aiuto. La violenza contro le donne è un fenomeno strutturale, che richiede uno sforzo di cambiamento comune, perchè rappresenta un costo di vite umane, di dolore e di sofferenza, così come un costo sociale che non possiamo più permetterci”.
La maggiore presenza di donne nei luoghi della decisione politica sta diventando , progressivamente, una realtà. Quali sono le tue speranze in merito? A mia opinione esiste il rischio che si passi dalle pari opportunità al pari “opportunismo” ossia a una occupazione del potere da parte delle donne con la stessa postura che spesso connota il potere maschile. Cosa ne pensi?
“In generale, con l’espressione “pari opportunità” siamo soliti indicare il principio giuridico, sancito dalla Costituzione Italiana, che mira a rimuovere ogni sorta di ostacolo discriminatorio dalla partecipazione degli individui alla vita politica e sociale e al mondo del lavoro. Si tratta quindi di una condizione di parità e uguaglianza sostanziale introdotta per garantire a tutte le persone il medesimo trattamento e per impedire che vi siano forme di discriminazione basate su genere, età, preferenze sessuali, etnia, disabilità, orientamento religioso e politico, etc. Nel nostro paese la parità di genere esiste solo il sabato e la domenica nei convegni. Poi dal lunedì chi ha il potere reinserisce il pilota automatico e sceglie gli uomini che conosce, di cui si fida. Un esempio recente abbiamo tante task force e una marea di tavoli le donne sono infima minoranza. La politica italiana è ben lontana dall’essere un luogo in cui uomini e donne hanno lo stesso peso. Storicamente in tutte le assemblee di rappresentanza la quantità di donne, e la qualità dei loro incarichi, è sempre stata inferiore rispetto agli uomini. Un dato di fatto, che ancora oggi continua ad essere una realtà. Nelle democrazie, la rappresentanza femminile in politica non è solo una questione di rappresentanza descrittiva, ma anche sostanziale. Le donne rappresentano la voce e gli interessi femminili, metà della popolazione di un Paese. Le donne sono portatrici di un’agenda più attenta alla parità di genere. Le donne in posizioni decisionali, in ambito politico e non solo, contribuiscono a creare quel contesto favorevole per la promozione di politiche e misure che andranno a ridurre i divari di genere e quindi a migliorare la parità. Nella transizione che stiamo vivendo verso la seconda fase della cosiddetta rivoluzione di genere, ci si aspetta che il ruolo degli uomini nel raggiungimento della parità di genere sia protagonista. Partendo dalla condivisione dei ruoli in famiglia, nel lavoro domestico e nel lavoro di cura, fino alla politica, la questione della parità di genere si prepara a uscire dalla sfera della rappresentanza descrittiva per entrare in quella sostanziale, superando le differenze tra ruoli, interessi e agende femminili e maschili. La vera parità, ovviamente nel rispetto delle preferenze individuali, sono uomini che curano la casa e i figli quanto le donne, donne che lavorano tanto quanto gli uomini e raggiungono le stesse posizioni apicali, ministri e capi di governo che promuovono con convinzione la parità di genere. Siamo a questo punto? Purtroppo le statistiche sul nostro Paese sono ben lontane dal descrivere questa situazione. Ma sicuramente questa è la strada che ci auguriamo di percorrere sotto la guida del nuovo governo”.
E da ultimo una domanda, preceduta da una premessa: l’epiteto “femminista” ancora suona nel nostro paese come un elemento di discredito o, se va meglio, di sospetto per le donne che operano coraggiosamente a sostegno dell’eguaglianza sostanziale del loro genere; hai timore di essere tacciata di “femminismo” mettendo in campo la tua azione antidiscriminatoria?
“Il femminismo ha rappresentato una forza dirompente nella politica e nella società. Ha posto all’attenzione pubblica temi fondamentali come quello dei diritti, del lavoro, delle discriminazioni. Non solo. È stato dirompente anche nel senso che ha determinato un modo diverso di fare politica. L’orizzontalità dei movimenti antagonisti di oggi, non solo femministi, il rifiuto di organizzazioni gerarchiche e verticistiche, la consapevolezza che si parla a partire da sé, sono tutte profonde eredità delle pratiche femministe. La filosofia femminista è uno strumento di vitale importanza per affrontare le difficoltà che s’incontrano in questo cammino, come una lente che finalmente rimette a fuoco l’orizzonte della nostra crescita e ci consegna gli strumenti più adeguati per non soccombere a stereotipi e pregiudizi”.
Natalia Maramotti
Chi è Sonia Alvisi
Sonia Alvisi consegue l’abilitazione all’esercizio della professione di Consulente del Lavoro nel 2002 e nello stesso anno fonda il suo studio professionale dove si occupa dell’amministrazione del personale, delle relazioni industriali, della consulenza in ambito delle risorse umane per le aziende assistite ed è specializzata nelle tematiche giuslavoristiche. Gestisce inoltre tutti gli aspetti contabili, economici, giuridici assicurativi, previdenziali e sociali del rapporto di lavoro dipendente nelle varie fasi della costituzione, svolgimento e cessazione. Assiste le aziende nelle vertenze extragiudiziali, conciliazioni ed arbitrati derivanti dai rapporti di lavoro dipendente, parasubordinato, autonomo, degli agenti di commercio. Fornisce consulenza e assistenza nelle fasi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale. Sia in campo ordinistico che in altri ambiti di rappresentanza, Sonia Alvisi ha, dal 2008 in avanti, ricoperto innumerevoli incarichi.
Nel 2008 è Coordinatrice Nazionale del Gruppo Pari Opportunità e responsabile regionale della Commissione Pari opportunità del Consiglio Regionale ANCL della Regione Emilia Romagna. Nel 2010 è nominata tecnico uditore presso la CCIAA di Rimini nel Comitato per l’Imprenditoria Femminile e consigliera del Convention Bureau della Riviera di Rimini. Nel 2015 diviene Consigliera di Parità effettiva della provincia di Ravenna e nel 2016 componente del Consiglio di Amministrazione di ATER Emilia Romagna, nonché di Riccione Teatro. Nel 2018 viene nominata Consigliera di Parità effettiva della Regione Emilia Romagna. Organizza personalmente e partecipa come relatrice a innumerevoli seminari e convegni aventi ad oggetto tematiche inerenti alla pari opportunità di donne e uomini nel mondo del lavoro.