BOLOGNA – Le imprese che hanno investito di più sul digitale sono più competitive e hanno incrementato la loro produttività. È quanto emerge dallo studio «Maturità digitale, nuove tecnologie e nuove professioni nelle imprese dell’Emilia-Romagna», indagine promossa dalla Regione, da Unioncamere Emilia-Romagna e dall’Università di Modena e Reggio Emilia.
I settori più digitalizzati, rileva l’indagine, sono i servizi di informazione e comunicazione e, in ambito manifatturiero, la produzione di macchinari e apparecchiature, la lavorazione della gomma, la metallurgia e il comparto automobilistico.
«Il percorso verso alti livelli di digitalizzazione è però ancora lungo e bisogna sostenere le piccole e medie imprese», dichiara Claudio Pasini, segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna. Secondo Pasini, un’impresa che voglia essere competitiva sul mercato globale non può che puntare sul digitale. Sotto quest’aspetto la nostra regione deve giocare un ruolo di primo piano. «Non possiamo accontentarci di essere ai primi posti in Italia. Dobbiamo essere ai piani alti anche in Europa», afferma il segretario regionale di Unioncamere.
Secondo lo studio, inoltre, il calo dell’occupazione non è dovuto all’uso di robot e agli investimenti nelle tecnologie di informazione e comunicazione, ma alla concorrenza di paesi emergenti quali la Cina e alla crisi economica del periodo 2008-2013. «In questo contesto, l’entrata in scena del Covid renderà le cose più complicate», afferma Giovanni Solinas, ordinario di Economia Politica all’Unimore e coordinatore dello studio.
Lo sviluppo del digitale, aggiunge Solinas, richiede molto lavoro da parte degli enti di formazione, dell’università e del governo. In quest’ottica, conclude il docente dell’Unimore, le risorse del Recovery Fund rappresentano un’opportunità.
Bruno Cosentino
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