REGGIO EMILIA – L’indagine è partita da accertamenti svolti sul conto corrente del nucleo famigliare di uno degli indagati, Domenico Gerace che risiede a Cadelbosco Sopra ed è nato in Germania nel 1973: il tenore di vita si era improvvisamente alzato, con l’acquisto di un’abitazione di pregio e il possesso di numerose auto di grossa cilindrata. Questa persona, di origini calabresi, era già tenuta d’occhio dagli investigatori perché ritenuta contigua alla criminalità organizzata, in particolare alla cosca emiliana dell’ndrangheta.
L’indagine, denominata Chrysalis, che ha visto una collaborazione tra il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio e il Nucleo Investigativo dei Carabinieri, coordinati Procura, ha portato al sequestro di oltre 2 milioni e mezzo di euro (il valore dell’importa evasa) e a 15 avvisi di garanzia. Secondo l’accusa Domenico Gerace avrebbe emesso, dal 2016 al 2019, attraverso sei società cartiere, fatture per operazioni inesistenti per circa 10 milioni di euro. Società intestate fittiziamente a prestanome ma di fatto gestite dal 51enne e che hanno sede non solo nella provincia di Reggio, ma anche fuori provincia (Torino, Genova, Crotone e Parma).
Le indagini hanno appurato che queste società ricevevano giornalmente numerosi bonifici, il denaro veniva prelevato in contanti in vari uffici postali, per essere poi restituito a chi aveva disposto il bonifico. Scoperto questo ‘postagiro’, Gdf e Carabinieri avevano già sequestrato denaro contante e presente sul conto corrente di due società ritenute cartiere, per quasi 70 mila euro. Le indagini hanno poi portato alla luce le 6 società che avevano come oggetto sociale dichiarato lavori edili, lavori di meccanica e commercio di autovetture, ma che secondo le accuse erano state costituite al solo scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti e consentire ai beneficiari di evadere le imposte sui redditi e l’Iva. D’altro canto 5 società, con sede tra le province di Reggio e Parma, avrebbero usufruito delle fatture inesistenti: in particolare due avrebbero utilizzato, nelle rispettive dichiarazioni annuali, fatture per operazioni inesistenti per oltre 10 milioni; mentre altre tre non avrebbero proprio presentato la dichiarazione dei redditi, procurandosi un profitto illecito di circa 2.500.000.
Oltre 40 militati hanno operato per le perquisizioni locali e personali e hanno notificato ai 15 indagati (amministratori o prestanome delle società) l’avviso di garanzia per frode fiscale. Sono accusati in concorso e a vario titolo di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e infedele dichiarazione dei redditi.
Il commento del col. Andrea Milani, comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Emilia
“L’operazione odierna testimonia ancora una volta lo sforzo dell’Arma dei Carabinieri per contrastare fenomeni di criminalità complessi che interessano questa provincia, sotto la guida della Procura della Repubblica, anche in collaborazione con la Guardia di Finanza, come già avvenuto per la recente operazione Minefield. La capillare presenza sul territorio dell’Arma, la conoscenza diretta delle dinamiche di una comunità e la penetrazione informativa dei Carabinieri hanno consentito di approfondire – di concerto con la GdF – un nucleo familiare il cui tenore di vita si era modificato con l’acquisto di autovetture di grossa cilindrata e una casa di lusso, disvelando la sussistenza di società cartiere, costituite al solo scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti per consentire ai beneficiari l’evasione delle imposte e dell’IVA. Sebbene non vengano cristallizzate evidenze tali da contestare modalità mafiose nel provvedimento odierno, tuttavia sono emerse ancora una volta modalità di condotta criminale di non poca rilevanza attraverso un meccanismo ampiamente utilizzato anche dalla criminalità organizzata attiva su Reggio Emilia, emerso in varie inchieste giudiziarie, “Aemilia” tra tutte, al fine di permeare il tessuto economico-sociale reggiano”.
Il commento del col. Ivan Bixio, comandante provinciale della Guardia di finanza
Anche quest’attività conferma e consolida – dal punto di vista investigativo – un fenomeno che caratterizza questa provincia e che vede gli ambienti legati alla criminalità organizzata – o contigui ad essa – sempre più orientati a creare business illeciti mediante articolate forme di frode fiscale. Di qui l’importanza dell’azione di polizia economica finanziaria della guardia di finanza in questo territorio, a contrasto di queste forme perniciose di frodi e riciclaggio, che sottraggono risorse ai cittadini e distorcono le regole del mercato, a danno delle imprese oneste.
È una lotta in cui il Corpo investe sempre più risorse, proprio perché vanno colpiti tutti quei fenomeni di illecito arricchimento che possono essere spia anche di forme di infiltrazione criminale nell’importante e trainante tessuto economico reggiano.
Un plauso al lavoro di squadra portato avanti anche con la collaborazione dell’arma dei carabinieri sotto il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria.