BRESCELLO (Reggio Emilia) – Pioveva molto, sì, ma non fu un evento meteorologico “eccezionale”. E non sono emersi “difetti strutturali” nella sponda reggiana dell’argine del torrente. Però, secondo gli inquirenti, le casse di espansione di Montecchio e Montechiarugolo non funzionarono adeguatamente per “scarsa manutenzione” e poi c’era un “deficit sulla sommità dell’argine”: una corda molle di circa 50 centimetri, un sali-scendi in un tratto lungo tra i 50 e i 70 metri. Ed è lì che l’Enza sormontò, esondò, ruppe e poi sommerse Lentigione alle 5.30 del 12 dicembre 2017.
Sono queste le considerazioni finali della Procura di Reggio Emilia, che dopo due anni e mezzo di indagini ha concluso la fase preliminare dell’inchiesta sull’alluvione notificando a tre persone avviso di garanzia con l’accusa di esondazione colposa. Si tratta di tre funzionari di Aipo, l’Agenzia Interregionale per il fiume Po, che lavorano nel Parmense. Adesso avranno tempo per realizzare le loro memorie, poi il sostituto procuratore Giacomo Forte deciderà se chiedere il rinvio a giudizio e il giudice per l’udienza preliminare, a sua volta, se celebrare a loro carico un processo.
Sempre a queste persone è contestato il fatto di non aver informato correttamente le istituzioni, durante le riunioni in prefettura, sulla presunta inefficienza delle casse di espansione e sull’esistenza della corda molle: questo avrebbe portato a non prendere provvedimenti come il posizionamento di sacchetti di sabbia sull’argine e a non comunicare per tempo ai residenti di lasciare le proprie abitazioni.
All’alba i lentigionesi si svegliarono praticamente con l’acqua nei cortili. Si evitarono tragedie umane, ma gli sfollati furono più di mille. Sono 79 i cittadini che successivamente si sono costituiti in un comitato. Tutte parti offese che potrebbero diventare parti civili nell’eventuale processo. “Si sono iscritti tutti i maggiorenni all’epoca dei fatti – ha spiegato l’avvocato che li difende, Domizia Badodi – Ci sono anche tanti bambini che hanno vissuto quella notte con terrore, i genitori daranno loro adeguata tutela”.
In questi due anni e mezzo ci sono stati molti sopralluoghi, anche tramite drone. I carabinieri forestali coordinati dal maggiore Adriano Bruni hanno lavorato assieme anche a due ingegneri idraulici; a maggio 2019 è stata depositata una perizia chiesta dalla Procura. Chi, tra i cittadini, ne aveva diritto ha avuto accesso al rimborso per i danni materiali, ma ci sono i danni morali: molti hanno dovuto far ricorso ad assistenza psicologica. “Parliamo sicuramente di diverse centinaia di migliaia di euro – ha specificato il legale – E’ comunque un dato aggregato ed è una richiesta”. Per il momento, Aipo non rilascia dichiarazioni.
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