REGGIO EMILIA – La decisione nell’aria da giorni è arrivata ieri sera tardi e l’ha comunicata lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte: fino almeno al 3 aprile dovranno rimanere chiuse, in tutt’Italia, tutte le attività non necessarie e non essenziali. “E’ l’unica alternativa, ma dobbiamo resistere per noi e per i nostri cari, è la crisi più difficile dal secondo dopoguerra”, ha detto Conte.
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“La decisione assunta dal governo è chiudere ogni attività produttiva che non sia strettamente necessaria, cruciale”. L’Italia chiude, quindi, in tutta la sua parte non necessaria. Per il resto sarà consentito solo il telelavoro. Ora occorre capire esattamente cosa sia da considerare necessario oltre alle attività elencate dal presidente del consiglio stesso: rimangono aperti cioè supermercati e negozi di generi alimentari e di prima necessità, farmacie e parafarmacie, banche, poste e servizi assicurativi. Saranno poi garantiti i trasporti pubblici e quelle attività produttive collegate a quelle necessarie in maniera fondamentale.
“Rallentiamo il motore produttivo, ma non lo fermiamo. E’ una decisione non facile ma ci predispone ad affrontare la fase più acuta del contagio per poter contenere il più possibile l’epidemia. L’emergenza sanitaria sta diventando economica, ma a voi tutti dico: lo Stato c’è, lo Stato è qui, metteremo in campo misure straordinarie”.
Il presidente del consiglio Giuseppe Conte è teso alle 23.20, quando pronuncia il discorso più duro dopo quello del 7 marzo. Era sempre un sabato, era la data in cui Reggio Emilia veniva inserita nella zona arancione e in cui la libertà di movimento di tutti veniva limitata a sostegno del bene supremo: “Quello della vita”, dice Conte. Misure, queste ultime, che “sono un sacrificio necessario e minimo di fronte non a semplici numeri, ma a storie di persone che muoiono e dei loro famigliari”, dice ancora, di fronte a categorie – Conte cita sanitari, forze dell’ordine, commessi dei supermercati, organi di informazione – che invece, continuando a lavorare, stanno compiendo un atto di responsabilità. “E’ la crisi più difficile che il paese sta vivendo dalla fine del dopoguerra: non abbiamo alternative, dobbiamo resistere per noi e per i nostri affetti”.
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