REGGIO EMILIA – “Un giudice non ha poteri di chiaroveggenza, non può sapere ciò che accadrà dopo, stante la imprevedibilità delle reazioni umane”. Lo dice all’Ansa la presidente del tribunale di Reggio Emilia Cristina Beretti, sul caso di Cecilia Hazana, uccisa dall’ex, libero con la condizionale dopo il patteggiamento dello stalking. Quanto accaduto “non è altro che ciò che accade in decine e decine di processi per reati analoghi”. Pm e giudici “applicano la legge, applicano misure cautelari richieste dal Pm calibrando le scelte a seconda del caso concreto, condannano alla pena che appare equa in relazione al caso sottoposto al loro vaglio”.
Le valutazioni che un giudice è chiamato a compiere “devono essere le stesse per tutti: comprensione del contesto, accertamento del fatto, applicazione della norma. Diversamente – continua Beretti – si dovrebbero prevedere categorie di autori per i quali i principi costituzionali non sono applicabili e, questo, è contrario ad un sistema penale di una società liberal democratica”. L’indagato, Mirko Genco “era persona priva di precedenti penali”, ricorda Beretti. “È stato sottoposto a misura cautelare, gli è stata applicata la pena di due anni di reclusione, aveva iniziato la frequentazione di un centro di recupero, condizione necessaria per poter avere la sospensione condizionale della pena”, conclude.
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