PADERNA (Piacenza) – Con una felice iniziativa di promozione qualche anno fa alcuni castelli del reggiano e del parmense si proposero come castelli delle donne. La galleria delle protagoniste è interessante e variegata parte dalla Rocca di Canossa e da Matilde, dalla sua grandezza e saggezza politica, passa per Everelina, la figlia di un vassallo di Matilde di Canossa, che costretta a sposare un uomo che non amava si tolse la vita gettandosi dalle mura del Castello di Rossena, approda a Colorno, che fu la casa di Barbara Sanseverino, dopo il matrimonio con Gilberto Sanvitale; una donna colta che animò un salotto letterario, costituì una quadreria all’interno della Reggia e generò così una competizione tanto distruttiva con i Farnese di Parma che alla fine la mandarono al patibolo. Poi c’è Cristina Pettorelli, la signora del Castello di Paderna (Piacenza). Com’è che un ragazza di Mantova diventa una castellana?
“L’incontro con il Castello di Paderna è avvento grazie alla conoscenza fatta con un gruppo di ragazze ragazzi tra i quali quello che poi sarebbe diventato mio marito. Sono stata una studentessa prima a Parma, poi a Bologna e poi ho fatto un’esperienza a New York; ma quando il progetto di vita comune, legato al matrimonio con Pierluigi, mi ha portato a Paderna, un castello in mezzo alla campagna, ho accolto questa come una scelta che condividevo nel profondo. Oggi, a distanza di 30 anni da quando è avvenuto, trovo che la vita in campagna è la dimensione umana più adeguata. Penso che per anni si sia disprezzata questa vita, forse c’era anche bisogno di orientare verso i centri produttivi, per favorire l’industrializzazione. Svilirla mi pare un errore. In campagna puoi allargare i tuoi spazi vitali, puoi accogliere più facilmente le persone, trovare spazi più accoglienti per i figli, per gli anziani, in fondo puoi vivere meglio persino in piena pandemia. Speriamo che il disastro originato dalla pandemia aiuti a una rinascita del vivere in campagna, per certi versi già presente anche prima. Mi sembra che chi vive la vita della campagna, forse più complicata per certi aspetti , abbia molto più senso della realtà. Quando sento il meteo dove ci si compiace del fatto che sarà bel tempo, inteso come giornate di sole pieno, dopo mesi e mesi di siccità, capisco che il senso della realtà è molto attenuato”.
C’è una visione stereotipata secondo te da parte della società della condizione di chi è proprietario di un bene storico artistico di grandissimo valore come un castello?
“Il castello è visto spesso come luogo di delizia e di potenza, magari anche economica. In effetti così è stato nella storia, ma la grandezza, è diventata anacronistica, la forza è diventata debolezza, e la ricchezza, se ne è andata, oggi quel che rimane è una significativa fatica nella manutenzione di questi grandi vecchi, che abbisognano di costanti cure e di molti investimenti nel restauro conservativo. Io mi arrabbio perché molto spesso c’è, verso chi possiede questi luoghi, pregiudizio e luoghi comuni. In realtà nella mia esperienza il castello è un luogo di lavoro e di fatica dove ti dai da fare per avere le risorse che poi vanno investite nella conservazione. I castelli, le dimore storiche aperte al pubblico, grazie alla passione dei privati che ne sono proprietari, meriterebbero più attenzione da parte dello Stato. Sarebbe facile vendere a qualche magnate straniero, ma questo priverebbe della possibilità di conservare questi luoghi come luoghi aperti alle visite e alla conoscenza da parte di appassionati o anche semplicemente di adulti e bambini curiosi”.
ll Castello di Paderna è collocato all’interno di un ambiente naturale di grande bellezza e, a dispetto della vicinanza con la Via Emilia e le zone urbanizzate, sembra un luogo intatto. Nelle iniziative che organizzi c’è questa tua passione per la natura e per la sua semplicità. Ti pare che la passione per l’ambiente e per il futuro della terra possa essere affidato alla mani delle donne?
“Penso che vivere a Paderna , dedicandomi insieme a mio marito alla campagna, mi abbia fatto assumere un approccio ambientalista, di grande attenzione per la natura e l’ambiente in generale. Sarà per questo che abbiamo deciso di fare della nostra azienda agricola una realtà biologica. Quando guardo la pianura Padana, vedo a un’industria a cielo aperto, anche quando la mia attenzione è rivolta non ai siti industriali ma alle vaste aree agricole. Il prodotto agricolo è pagato troppo poco e così scattano le logiche della massimizzazione della produzione, allora bisogna diserbare, concimare, eliminare alberi e siepi. Penso che dovremmo sfruttare meno la terra, accettare di pagarne di più i prodotti, avere maggiore qualità. Quando sento pubblicizzare bottiglie di olio di olive extravergine a poco più’ di 2 euro, mi domando come fare a non capire che dietro c’è un abuso, che alla fine danneggia anche il consumatore. Noi abbiamo deciso di fare un rimboschimento, di piantare siepi, di ripristinare canali e così c’è stato un grandissimo ritorno delle specie che non vedevamo da tempo, come il martin pescatore, il rigogolo con il suo colore giallo limone, la rana di Lataste o il tritone crestato. Voglio anche completare il vecchio filare di gelsi per creare nuovamente un corridoio ambientale per gli animali. Noi ci preoccupiamo delle specie in estinzione, in Amazzonia, in Africa e facciamo benissimo, ma ci sono specie in estinzione anche a casa nostra.
Vi racconto un aneddoto. Ero con una amica e abbiamo incontrato una nuvola di moscerini, io ho detto “che bello!”. La mia amica mi ha domandato il perché. Le ho detto che, se ci faceva caso, da bambine, quando andavamo in bicicletta, ce ne entrava sempre uno in un occhio o in bocca, ora non accade più. Sono spariti, o meglio si sono molto ridotti, ma sono alla base della sopravvivenza delle altre specie, quelle insettivore. Ma parliamo delle api, dell’importanza per la vita della comunità umana e naturale legata alla loro presenza; purtroppo un apicoltore mi ha detto che la vita delle api è strettamente influenzata dalla qualità dell’ecosistema; in pianura vita media delle api regina è di 6/7 mesi, mentre all’interno del nostro piccolo ecosistema riescono a vivere per anni, come accade in collina o nelle terre del parmigiano reggiano. Le api sono un eccellente indicatore della qualità dell’ambiente circostante, oltre che essere fondamentali per la vita, bisogna porre un’attenzione davvero grande a questi piccoli miracoli con le ali che ogni giorno con il loro volo operoso mandano avanti un’attività cosi fondamentale di fiore in fiore. Devo poi dire un’altra cosa: troppi luoghi del nostro Paese, siano spiagge o città sono lasciati in una colpevole incuria, fatta di sporcizia e rifiuti. Non so se è la attitudine alla cura del mondo che noi donne condividiamo, ma qualche anno fa, in vacanza in Salento, non ho resistito ed ho dedicato, insieme a una amica, un po’ del mio tempo a raccogliere l’immondizia che deturpava il litorale e che mi sembrava uno sfregio per tanta bellezza. Ci avranno preso per matte, ci guardavano i bagnanti sulla spiaggia, ma noi incuranti, a raccogliere ciabatte vecchie, bottigliette, lattine e altre immondizie. Non sono nuova a questi exploit, infatti mentre attendevo in fila, di accedere alla visita di una reggia nel nord Italia, vedendo che il luogo antistante, dove noi attendevamo, era sporco e dunque inadeguato a tanta bellezza, ho chiesto alla guardiania una scopa e quanto serviva per rendere dignità al luogo; se l’Italia vuole fare turismo di qualità, deve tenere il paese pulito, non solo il sito che si visita ma anche la strada di fronte o quella adiacente.
Chi viene a Paderna si rende conto che Paderna è Cristina e che in Cristina c’è una passione tutta femminile per la bellezza e per il dettaglio; questo è molto evidente nella rassegna Piante e frutti antichi che ospitate nella Corte del Castello. Si può’ dire che anche in questa iniziativa c’è la ricerca per la valorizzazione della biodiversità e la qualità non standardizzata?
“Oggi si parla molto di preservare la biodiversità, di economia circolare; noi ne parlavamo 30 anni fa, mio marito in particolare, e forse ci prendevano per matti. La mostra che da 26 anni organizziamo a Paderna una rassegna di piante, fiori e frutti antichi è nata proprio dal desiderio di valorizzare la biodiversità; dai vivaisti che si rivolgono a questa nicchia di prodotti e che noi ospitiamo nella rassegna, ho imparato tanto, anche a toccare con mano il fatto che certi tipi di fiori attirano le farfalle, che si materializzano all’improvviso, questo non è solo molto poetico dentro c’è un valore anche economico. La Rassegna è poi cresciuta accogliendo la diversità che risiede nell’artigianato italiano; abbiamo ospitato infatti artigiani di straordinaria maestria all’interno di un contenitore che ha più di 1000 anni ed è un luogo che predispone a accogliere i pensieri”.
L’Italia non è un Paese per donne; se è vero che la condizione femminile è profondamente cambiata dal dopoguerra ad oggi è altrettanto vero che il nostro, rispetto ad altri Paesi della Unione Europea è quello che fa più fatica a considerare l’eguaglianza di genere come una opportunità per tutte e tutti e come un requisito per avere una società democratica. Nella tua vita sei stata condizionata dal fatto di essere donna?
“Ho sempre creduto molto nella forza delle donne e anche nella relazione tra donne. Anche questa intervista non mi avrebbe visto disponibile se non fosse passata prima da un rapporto tra donne attraverso il quale ho colto una sintonia. Le donne sono state le mie nutrici; dalle donne ho imparato l’accoglienza, la pazienza dell’insegnamento, la passione per l’accudimento, la propensione all’ascolto. La prima donna che ha segnato la mia vita è stata mia nonna; sembra che la sorte me l’abbia messa a fianco per prepararmi a gestire una esistenza come quella che ho scelto, dominata dal luogo dove la conduco. Poi mia suocera, che mi ha insegnato ad ascoltare quello che aveva da dire questo luogo. Ho imparato ad andare sempre in punta di piedi nelle relazioni con le persone ma anche con un bene di straordinario valore storico e artistico come il Castello di Paderna. Sia il luogo che le persone che ho incontrato sono state fondamentali per imparare ad imparare; penso che la mia testarda propensione ad imparare sia la reazione ad un’epoca in cui sono tutti esperti. Il castello è quindi stato per me un grande luogo di apprendimento e di assoluta libertà dalla omologazione, infatti la castellana è stata spesso un garzone, tanto per rompere gli stereotipi sul femminile! Qualche tempo fa un visitatore entrato nella corte, dove stavo trafficando in tenuta da lavoro, si è rivolto a me chiedendo “Capo, non c’è nessuno?”; intendeva non c’è il proprietario. “Ti ha scambiato per un uomo, un uomo di fatica, ma comunque in una posizione di comando…..” ha ironizzato mio marito”.
Ci siamo conosciute grazie al mio ruolo in Destinazione Emilia e alla tua adesione alla associazione dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli. Ho molto apprezzato il lavoro straordinario per la costruzione di una rete tra castelli e dimore e la profilazione di un vero e proprio prodotto turistico che merita di essere conosciuto per valorizzare tutto il nostro territorio, considerato che di recente anche alcuni Castelli di Reggio Emilia sono entrati in una specifica sezione del vostro sito. Come valuti questa esperienza associativa?
“La passione per la conservazione del Castello ci ha portato a essere insieme ad altri proprietari fondatori della Associazione dei Castelli di Piacenza, 26 anni fa, poi unificatasi e divenuta la rete attuale, composta da 35 castelli, nota come “Castelli del ducato di Parma Piacenza e Pontremoli, rete turistica culturale nata nel 1999. Ogni visitatore, ogni turista che entra in uno dei nostri manieri fa un viaggio nella bellezza e ci aiuta a tenere vivi e aperte rocche, fortezze, manieri. Sono passati tanti anni , di onorato servizio dove da maggio ad ottobre, abbiamo accolto visitatori organizzato eventi, così come ci chiede l’essere parte della associazione. Essere aperti, accoglienti e propositivi è ovviamente una fatica, significa essere legati alla permanenza in castello da maggio a ottobre per accogliere i visitatori, lo fa mio marito, in particolare, che li conduce in visita e fa da guida. L’Associazione propone i Castelli come luoghi accoglienti e da scoprire , anche su questo nell’associazione c’è sintonia; io vedo poi una bella sinergia pubblico/privato perché alcuni castelli sono appunto di proprietà pubblica. C’è anche rispetto del lavoro di ciascuno, sulle basi delle proprie potenzialità, infatti stiamo avendo, al netto dell’anno della pandemia, ottimi risultati”.
Natalia Maramotti
Chi è Cristina Parisio Pettorelli
Mantovana di nascita, vive al Castello di Paderna da oltre trent’anni con il marito Pierluigi Pettorelli ed il figlio Leopoldo. Appassionata di fiori e alberi da frutto, è impegnata nella tutela dell’ambiente e della biodiversità, oltre che nella valorizzazione del maniero di famiglia.
Il circuito Castelli del Ducato
“Il Castello di Paderna è socio del circuito dei 35 Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli, rete turistica culturale nata nel 1999. Ogni visitatore, ogni turista che entra in uno dei nostri manieri fa un viaggio nella bellezza e ci aiuta a tenere vivi e aperte rocche, fortezze, manieri”.
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