REGGIO EMILIA – A due giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo di Green Pass per accedere a determinati luoghi, si fa strada un altro problema: i titolari di locali o di attività soggette all’obbligo si chiedono con quale diritto potranno “invadere” la privacy delle persone e degli avventori. Ne abbiamo parlato con un giurista reggiano professore universitario.
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“Sotto il profilo giuridico, quello del green pass non è un problema; chi parla di illegittimità e di incostituzionalità del green pass, vuol dire che non ha letto la Costituzione. Se si tratta si sicurezza sanitaria, la Costituzione non pone limiti al legislatore“.
Articolo 32 e articolo 16 della Costituzione: è tutta lì la risposta, spiega Simone Franzoni, docente di diritto dell’Informazione e delle Comunicazioni alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Modena e Reggio.
“L’articolo 32 è chiarissimo, è tutelata la salute collettiva; il 16 dice che la libertà di circolazione può essere limitata per motivi di sanità o di sicurezza”.
Tutto questo nei contenuti. Poi c’è la forma delle limitazioni, ma anche su quella in questo caso non c’è possibilità di equivoci: l’obbligo del Green Pass in vigore dal 6 agosto per accedere all’interno di bar e ristoranti, piscine, palestre e luoghi di cultura, è stato istituito con decreto legge, un atto equiparato alla legge, così come dispone sempre la Costituzione. Entro 60 giorni i decreti legge, emanati dal Governo, devono comunque essere convertiti in legge dal Parlamento, che è rappresentanza della sovranità popolare.
In sintesi: il docente specifica come i titolari delle attività che da venerdì dovranno controllare gli accessi non andranno incontro a nessun tipo di problema legale e non intaccheranno alcun diritto. La privacy, in questo caso di sicurezza sanitaria, è subordinata alla Costituzione. “Esercenti e titolari di attività rispettano la legge proprio applicando quel decreto”.
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