REGGIO EMILIA – Nel mese di gennaio sono crollate dell’11,9% le esportazioni Made in Italy in Cina, in concomitanza con l’emergenza Coronavirus che ha frenato i consumi nel gigante asiatico ma ha colpito anche i flussi commerciali per i limiti posti al trasporto di persone e merci.
Una situazione che, sottolinea la Coldiretti, coinvolge direttamente l’agroalimentare dopo che le esportazioni di cibi e bevande Made in Italy in Cina avevano fatto segnare il record storico nel 2019 per un valore stimato in 460 milioni di euro, con un aumento del 5% grazie alla progressiva apertura del gigante asiatico a stili di vita occidentali, secondo le proiezioni della Coldiretti sulla base dei dati Istat.
A pagare un conto salato è il vino, il prodotto tricolore più esportato in Cina per un valore stimato dalla Coldiretti in 140 milioni di euro nel 2019; difficoltà ci sono anche per le esportazioni di frutta e verdura fresca che avevano fatto segnare nel Paese asiatico il record storico con un balzo nel 25% grazie alla progressiva apertura.
Ma a preoccupare sono le speculazioni in atto sui prodotti agroalimentari in alcuni Paesi dove vengono chieste senza ragione certificazioni sanitarie su merci come la frutta e la verdura provenienti dall’Italia. “Serve un intervento delle autorità nazionali e comunitarie per fermare pratiche insensate che rischiano di far perdere quote di mercato importanti alle produzioni nazionali – ha commentato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – per colpa di una concorrenza sleale che mira a screditare i prodotti dall’Italia che sono sani i garantiti come prima”.
Prandini ha poi sottolineato che “si tratta di comportamenti ingiustificati che mettono a rischio la libera circolazione delle merci anche all’interno dell’Ue senza alcuna valida motivazione scientifica e vanno a colpire un settore strategico del Made in Italy come l’agroalimentare che cresce all’estero ed esporta oltre 42 miliardi di euro”. Senza dimenticare – continua la Coldiretti – il blocco pretestuoso deciso da Taiwan alla carne di maiale italiana per un volume delle esportazioni di 1 milione di kg.
Sul mercato interno con l’emergenza Coronavirus c’è con il rischio paralisi per il lavoro di 500 aziende agricole negli undici comuni della zona rossa fra Lombardia e Veneto. Nella fascia di quarantena vivono oltre 100mila fra mucche e maiali e, secondo Coldiretti, è necessario garantire una adeguata assistenza nelle stalle e della forza lavoro nei campi, anche in vista delle semine. Per il vino, il problema maggiore riguarda il blocco delle visite nelle cantine e i lavori fra i vigneti mentre gli agriturismi sono vuoti.
A tutto ciò si aggiunge la decisione della Romania di mettere in quarantena i cittadini provenienti da Lombardia e Veneto. Un provvedimento che rischia di privare l’agricoltura italiana dei 100mila lavoratori che ogni anno dalla Romania raggiungono l’Italia per le attività stagionali nelle campagne. I rumeni sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale, come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte e caseifici in Lombardia.