REGGIO EMILIA – Continua l’opera della Dia di Bologna su impulso della Corte d’Appello: confisca definitiva di beni per 4 milioni di euro nei confronti dei familiari di un imprenditore edile originario di Cutro, Francesco Falbo.
La sua posizione, stralciata, non è ancora passata in giudicato. Nelle tante articolazioni che hanno preso le mosse dalla maxi inchiesta principale Aemilia, Falbo, 56 anni, residente a Sorbolo (Pr), è sia accusato di aver reimpiegato denaro per favorire il clan, e quindi con l’aggravante mafiosa, sia si è costituito parte civile ritenendosi vittima del clan stesso, perché sarebbe stato costretto a cedere agli ‘ndranghetisti le quote della sua società.
“L’affare Sorbolo” è stato tra i più “sostanziosi” dell’impianto accusatorio del processo contro la ‘ndrangheta al Nord: 20 milioni di euro per la realizzazione di circa 200 unità immobiliari, ma con dietro una rete di società che si è ritenuto siano state finanziate con denaro della criminalità organizzata.
Falbo è considerato una delle figure di collegamento tra l’organizzazione ‘ndranghetista e l’economia emiliana; nel luglio 2021 la direzione investigativa antimafia aveva eseguito un provvedimento di confisca a suo carico per un corrispettivo di 10 milioni di euro tra 19 immobili, fabbricati e terreni in Emilia Romagna, Lombardia e Calabria; cinque società di capitali e cinque autoveicoli, oltre a svariati rapporti bancari, motivata da una “sussistente sproporzione tra redditi dichiarati e beni nella sua disponibilità”. Il tutto è oggetto di un ricorso in Cassazione.
All’uomo era stata inoltre applicata la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con divieto di soggiorno nel comune di residenza per 5 anni. Ora, su richiesta del procuratore generale reggente Lucia Musti, è stata sottoposta a confisca definitiva la parte del patrimonio che era nella disponibilità dell’imprenditore, ma intestata ad alcuni familiari: 3 imprese, 11 beni immobili e 3 rapporti finanziari per un valore di oltre 4 milioni.
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