MODENA – 3,3 milioni in Italia, un fatturato che supera i 77 miliardi di euro e un danno al fisco di quasi 43 miliardi. Sono i numeri dei lavoratori in nero emersi dall’ultimo studio della Cgia di Mestre. Un quadro che fotografa un mondo di occupazione irregolare ancora preoccupante e che coinvolge chi arrotonda affiancando queste attività a contratti da dipendente, ma anche chi un lavoro non lo trova e si trova costretto ad accettare accordi in nero. Una analisi, quella dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese, che entra anche nel dettaglio delle singole regioni e che colloca l’Emilia Romagna in fondo a una classifica in cui meglio fanno soltanto Lombardia e Veneto. La nostra regione incide per il 4,2%, restando al di sotto di un punto percentuale rispetto alla media nazionale e di gran lunga staccata rispetto al 9,9% del dato peggiore rappresentato dalla Calabria.
In Emilia Romagna sono più di 215 mila i lavoratori in nero che generano un’economia che supera i 5,5 miliardi di euro e provocano un danno di oltre 3 miliardi di imposte e contributi non versati. Il fenomeno colpisce in maniera trasversale più settori, da quello dei servizi, alle attività manifatturiere, energetiche e di trattamento dei rifiuti, ma anche costruzioni e agricoltura.
Danni allo Stato e concorrenza sleale nei confronti di chi invece le regole le rispetta le conseguenze di una realtà strutturata su tutto il territorio nazionale e che in Emilia Romagna produce numeri meno preoccupanti rispetto alla media italiana. Qui il tasso di irregolarità complessivo tocca il 10,1%, con un picco del 16,1% nel settore dell’agricoltura dove a incidere maggiormente sono i lavori stagionali. Un fenomeno da contrastare e tenere sotto controllo anche nei territori in cui è meno presente come le province emiliane in cui la crescita economica supera quella del resto d’Italia, con un Pil che, rispetto al 2018, lo scorso anno è aumentato dello 0,5%, meglio di Lombardia e Veneto ferme allo 0,4 e di una media nazionale che raggiunge lo 0,1%.
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