MODENA – Trentasei anni fa Lanfranco Turci fu chiamato a gestire, e anche a spiegare agli emiliano-romagnoli, i fatti terribili di Chernobyl, in Ucraina, e il timore di una nube radioattiva, tossica, che incombeva da lontano su tutta l’Europa. Ricordi risvegliati bruscamente da un nuovo allarme nucleare scampato quando la centrale di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa pari a 25 Chernobyl combinate, è stata bombardata e mancata di poco.
La paura ebbe conseguenze, e Turci dovette spiegare cosa fare e cosa non fare a una popolazione atterrita dal fallout post-atomico.
A quella crisi seguì la decisione politica, tramite referendum, di rinunciare al Nucleare stoppando, fra gli altri, lo stabilimento emiliano di Caorso.
Una scelta politica che alla luce degli sviluppi attuali Turci non rimpiange, anzi condivide. Ricordando però che proprio dalla svolta nucleare nacque la dipendenza odierna dell’Italia dal gas naturale – anche russo.
Proprio sul fronte dell’energia rinnovabile Turci avrebbe auspicato – e auspica tuttora – investimenti più forti e costanti. E intanto ripensa a 36 anni fa, a Chernobyl – presa dai russi proprio la settimana scorsa – e ritrova l’angoscia che sperava ormai fosse dietro le spalle.
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4 marzo 2022Intervista al presidente della Regione di 36 anni fa, Lanfranco Turci: “Quello che accade oggi è un motivo in più per puntare sull’energia rinnovabile e pulita”