PARMA – Le tradizionali questioni tecniche e preliminari sono state al centro della prima udienza del processo che vede come imputati i fratelli Antonio e Marcello Vetere e l’avvocato Antonio Dimichele, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari come truffa, bancarotta fraudolenta, autoriciclaggio, omessa dichiarazione fiscale. Un processo che si celebra a Parma.
Il 12 ottobre scorso la guardia di finanza ducale, coordinata dal sostituto procuratore Paola Dal Monte, arrestava i tre e metteva sotto sequestro 45 immobili tra Reggio Emilia e Parma e quasi 5 milioni di euro al termine di un’indagine le cui prime intercettazioni risalgono al 2013. Sono 19 in tutto gli indagati, tra cui 10 reggiani e 9 parmensi; tra loro, i fratelli Vetere, considerati assieme a Dimichele – che invece è residente a Parma – i vertici di “una fitta rete” come dichiarato mesi fa dal procuratore capo D’Avino: non pagare l’erario, oltre a non pagare fornitori e creditori, era, secondo l’accusa, l’obiettivo di questa presunta organizzazione a delinquere.
Al centro della vicenda la struttura sportiva Aqualena del valore di 3 milioni e mezzo di euro. Sotto sequestro anche altri due rami d’azienda connessi alla gestione di un albergo, l’Hotel City di Parma, quote di partecipazione al capitale sociale di 26 aziende e denaro, come si diceva, per quasi 5 milioni di euro: somme che si ritiene siano state distratte da fallimenti di diverse società. “Massimizzavano i profitti di alberghi e centri sportivi – era scritto nell’ordinanza – imputandone i costi ad altre società costituite appositamente”; società che poi, sempre secondo l’accusa, venivano svuotate. I fratelli Vetere sono difesi dagli avvocati Helmut Bartolini e Michelangelo Strammiello.
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