REGGIO EMILIA – Ventisette amministratori di società, ditte individuali o srl, che utilizzavano le fatture false emesse dalle “cartiere” per trarne vantaggi economici – abbattendo il reddito imponibile – ed evadere il fisco. Sono loro i destinatari delle misure cautelari reali eseguite dalla polizia di Stato e dalla guardia di finanza, su delega della Dda. Di queste 27 società, 15 hanno sede a Reggio e provincia (Casina, Novellara e Scandiano), quattro a Modena, tre a Parma e le altre in diverse province italiane. Le 8 “cartiere” erano state individuate nell’indagine Perseverance nel 2021 e sono riconducibili a sette persone già condannate in primo grado per emissione di fatture false, tra questi Salvatore Muto e Domenico Cordua, condannati anche per associazione a delinquere di stampo mafioso a 16 e 15 anni di carcere. In totale avevano emesso fatture per operazioni inesistenti per oltre 13 milioni di euro.
“Tutto nasce dall’operazione Perseverance – spiega il questore Giuseppe Ferrari – dalle confische del 2021, e si è arrivati ai fruitori di queste fatture”.
Nei successivi accertamenti squadra mobile e guardia di finanza hanno scoperto che le società che avevano fatto affari con l’ndrangheta avevano evaso il fisco per oltre 3 milioni e 700 mila euro, 2 milioni e mezzo dei quali ora sono stati sequestrati. Per 27 dei 77 indagati il GIP distrettuale ha ritenuto la sussistenza delle esigenze cautelari.
“Sono ditte di tutti i tipi, dai servizi all’edilizia, dalla ristorazione alle carni, la linea di business era quella di fornire servizi indistintamente a tutti, anche fuori regione”, sottolinea il col. Ivan Bixio, comandante provinciale delle Fiamme Gialle.
“L’obiettivo è far si che chi ha tratto vantaggi non se ne avvantaggi – chiosa il dirigente della squadra mobile Guglielmo Battisti – Il nostro impegno è andare a prendere quel denaro per restituirlo alla comunità ed evitare così che inquini l’economia legale”.
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