REGGIO EMILIA – Conferma delle pene per 76 degli 87 imputati che hanno presentato ricorso. Annullamento, e dunque nuovo processo o rideterminazione della pena, per le altre 11 posizioni. Queste le richieste della procura generale della Cassazione, nella prima udienza davanti alla Suprema Corte. E’ l’ultimo atto del percorso giudiziario nato dalla maxi inchiesta che ha ricostruito il radicamento dell’Ndrangheta in Emilia, l’epicentro a Reggio Emilia.
La Cassazione si era già espressa ad ottobre del 2018 e aveva confermato le condanne per i 40 imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Pochi giorni dopo la sentenza di primo grado del rito ordinario: 1.200 anni di carcere inflitti, poi diventati 712 in appello. Ora anche questo filone si avvia verso la fine.
Tra le 11 posizioni per cui è stato chiesto l’annullamento c’è anche quella di Michele Bolognino, condannato in secondo grado a 21 anni e 3 mesi. Per lui è stato chiesto un nuovo processo ma solo rispetto alla partecipazione al sodalizio criminale dopo il maggio 2015. Chiesto l’annullamento anche per Palmo Vertinelli, 17 anni e 4 mesi in appello, per due capi di imputazione minori: la procura generale ha chiesto di rideterminare la pena a 16 anni e 6 mesi. Secondo la procura generale della Cassazione non ci sono gli estremi perché siano presi in considerazione i ricorsi presentati tra gli altri da Gaetano Blasco, Giuseppe Iaquinta, Giuseppe Vertinelli, i reggiani Mirco Salsi, Silvano Vecchi e Omar Costi, il costruttore modenese Augusto Bianchini.
Nelle prossime udienze sono in programma le repliche della difesa. La sentenza è fissata per il 6 maggio.
Reggio Emilia processo Aemilia corte cassazione procura cassazione