MODENA – Trent’anni fa moriva Kurt Cobain, leader dei Nirvana, che poco prima di togliersi la vita scatenando un lutto globale si era esibito proprio a Modena, al PalaPanini, in un concerto definito “leggendario”. Chi c’era quel 21 febbraio di 30 anni fa ce lo ha raccontato.
Le parole sono di Roberto Franchini, la musica – quel memorabile 21 febbraio 1994 – fu quella dei Nirvana: al basso Krist Novoselic, alla batteria Dave Grohl (poi leader dei Foo Fighters), alla chitarra il supporto di Pat Smear e al centro del palco, lui: Kurt Cobain, che poche settimane dopo si tolse la vita sulle rive del Lago Washington a est di Seattle, culla del Grunge. Chi lo vide suonare al PalaPanini trent’anni fa sa di avere assistito a una pietra miliare assoluta, quasi il testamento di una leggenda del rock.
A trent’anni di distanza i Nirvana e Cobain restano nel cuore di chi ha amato il rock: i primi album fortemente indipendenti e i loro suoni distorti, poi i due gioielli diventati mainstream: Nevermind, stimato in un potenziale da 50mila copie ma capace di venderne oltre sei milioni solo negli anni Novanta, e In Utero, giunto a quasi 30 milioni di copie in trent’anni. La morte del talentuoso cantante ne ha impresso il ricordo nella Storia, ma chi ha amato i Nirvana è convinto che sarebbe stato comunque una leggenda, anche se alla fine del tunnel Cobain avesse ritrovato la luce.
Quando giunsero a Modena i Nirvana erano già entrati nell’immaginario collettivo, ma negli anni Novanta passò sotto la Ghirlandina anche l’apoteosi di altre rock band leggendarie, i Radiohead per esempio. Menabue, messa alle spalle la nostalgia, assicura: il rock è vivo anche dopo Kurt, e in salute.